Si chiama Feynman e lui rappresenta la mia “ragione”. Si chiama Bukowski e lui rappresenta le mie “emozioni”. Ma facciamo un passo indietro.
Erano gli anni ’50 e nasceva la
“Beat generation”, con la sua benzedrina e con la sua prorompente cultura
letteraria. Erano passati sotto l’influenza di Bukowski, del male di vivere e
del totale rinnego per i più basilari valori morali dell’essere umano; fino ad
arrivare a nuovi risvegli intellettuali, con logiche e correnti di pensiero
tipiche di nuovo presenti (anche se in balia di nuovi isterismi generazionali).
Nel 1965 nascevano i “The Doors”,
con il loro rock, blues, jazz e psichedelica inimitabile. Si formava così uno
dei più grandi cantanti di tutti i tempi: Jim Morrison, morto a ventisette anni
tra eroina e alcol. Discutibile, certo, ma in grado di fare poesia come nessuno
aveva mai osato: “Ora giunge la notte con le sue legioni purpuree/ Tornate alle
vostre tende e ai vostri sogni/ Domani entreremo nella città della mia nascita/
Voglio essere pronto” e affermava: “Se la mia poesia cerca di arrivare a
qualcosa, è liberare la gente dai modi limitati in cui vede e sente”.
Poi c’era Andy Warhol con il suo
studio carico di erotismo quasi perverso, ma con la capacità quasi magica di
portare sotto gli occhi di tutti questioni di enorme carico culturale.
L’artista che ha venduto l’arte come fosse in un supermercato. L’uomo che ha
colorato una sedia elettrica, e che ha reso la zuppa Campbell’s la scatoletta
più riprodotta del mondo.
Poi ci sono stati gli Hippy, di
cui molti dei citati hanno fatto parte o ne hanno preso spunto. Gli Hippy che
si sono opposti ad una guerra ingiusta e insensata come quella del Vietnam, e
che hanno portato enormi influenze culturale anche in ambito scientifico,
aprendo la strada alla criptografia quantistica ( operiamo operazioni
finanziarie sicure proprio grazie a loro!). Gli stessi, inoltre, che hanno
buttato lì un concetto semplice, ma alla fine carico di tutto il significato
del mondo: peace & love. Cavolo, cosa c’è di più chiaro di questo? Pace e
amore, punto. Non serve altro. Che poi si può dire che è da fricchettoni, ma
alla fine loro se ne stavano nella propria terra a fare l’amore, mentre i
poveri militari al fronte morivano sotto gli attacchi dei Viet Cong (per
inciso: quest’ultimi cercavano solo di difendersi).
Ma non è finita qui.
Erano gli anni ’70 e Patti Smith cantava “Jesus died for somebody's
sins but not mine. Melting in a pot of thieves wild card up my sleeve.
Thick heart of stone, my sins my own they belong to me. Me”, aprendo definitivamente la strada al Punk e alla
follia generazionale.
C’era Allen Ginsberg, comunista,
omosessuale, buddhista e tossicodipendente, ma in grado di costruire il punto
focale di un movimento che cambiò per sempre il modo di pensare dei giovani
intellettuali d’America.
C’era John Lennon che cantava “Imagine” e Bob Dylan con “Like a Rolling
Stone”. C’erano poi i veri The Rolling Stone, i The Queen, i The Beatles, Elvis Presley, Jimi Hendrix, Bob Marley ecc ecc.
C’era un mondo che cambiava;
prospettive che ruotavano; c’era l’esaltazione dei sensi, l’aspirazione
all’individualità al benessere personale e alla immortalità della propria
anima. C’era un mondo sempre più terreno. E la scienza non faceva altro che
seguire questa strada.
Inizialmente il positivismo era
crollato come un castello di carta: la relatività di spazio e tempo,
l’indeterminazione quantistica e l’avvento delle geometrie non euclidee,
avevano messo in luce la natura assolutamente non deterministica della natura.
La scienza, però, si adattava
benissimo a questa nuova osservazione della realtà. Il mondo sub atomico era
indeterminato? Dov’era il problema? Bastava dare un nome al principio e poi
funzionava tutto.
Però la fiducia nella scienza
stessa, cominciava a vacillare. Senza un mondo meccanico, infatti, come si
poteva immaginare di far parte di un disegno assolutamente razionale e privo di
un influenza divina?
Con il tempo, poi, le cose sono
cambiate. Il nuovo approccio intellettuale delle generazioni giovani,
interagivano perfettamente con questo nuovo palcoscenico intellettuale: il
mondo è indeterminato, psichedelico, meraviglioso e soprattutto non è eterno.
Io ritrovo in me la carica emotiva
di tutti questi grandi poeti, artisti e cantanti. A differenza di loro, però,
ritrovo in me anche l’assoluta razionalità di Feynman e il suo bisogno di
capire come diavolo funziona questo mondo. Quindi per me esiste la bellezza,
esistono emozioni fortissime, esiste la bontà, l’affetto, ma esiste ancor prima
la voglia di esercitare la propria libertà intellettuale, religiosa e
metafisica. Io penso che nessuno abbia il diritto di decretare ciò che è giusto
o che è sbagliato, all’interno della soglia dell’oggettività e del buon senso.
Siamo noi a decidere chi vogliamo
amare, che sia uomo o donna. Siamo noi a decidere cosa vogliamo dalla nostra
vita, che sia sballo, ricerca del piacere, esaltazione della propria
personalità, oppure solo valori, giustizia e libertà. E siamo noi i soli a
decidere qual è la nostra logica intellettuale.
In fondo, dunque, credo in certi
valori e non sono certo d’accordo sul fatto di utilizzare la benzedrina per
esaltare le mie percezioni, ma se devo essere sincero tal volta mi sento libero
da legami intellettualmente labili, che mi costringono a non ampliare il mio
punto di vista. Io, dopotutto, aspiro anche alla comprensione; soprattutto di
me stesso.
Ma che sia chiaro: comprensione non significa perdono, mai.
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