martedì 10 febbraio 2015

Lo strano caso della deforestazione: in Europa nascono più alberi di quanti ne vengono abbattuti - Intervista a Francesco Pettinà

Deforestazione


Il futuro del nostro pianeta passa anche dalla salvaguardia delle foreste. Esse sono polmoni della Terra e custodi della biodiversità. Ma per comprendere a fondo il ruolo della deforestazione nei confronti della sostenibilità ambientale, ci siamo rivolti ad un esperto del settore.
Di seguito, dunque, l’intervista a Francesco Pettinà, docente di Geopedologia, Economia ed Estimo, sulla funzione delle foreste nel mondo e sulla loro salvaguardia.

Prima domanda

Noi sappiamo che lei gestisce un blog molto interessante sugli alberi. Potrebbe dirci quanto sono importanti questi esseri viventi per la vita sulla terra?

Il ruolo degli alberi e delle piante tutte per la vita sul nostro pianeta è fondamentale. Grazie alla fotosintesi clorofilliana, alberi e piante combinano insieme l'anidride carbonica dell'atmosfera e l'acqua prelevata dal terreno per produrre, utilizzando l'energia luminosa del sole, ossigeno ed uno zucchero che verrà poi trasformato, aggiungendo semplici elementi minerali presi insieme all'acqua dal terreno, nelle sostanze organiche di cui la pianta ha bisogno. Tutto l'ossigeno presente nell'atmosfera, è stato prodotto in questo modo, grazie alle piante. Non solo, l'assorbimento dell'anidride carbonica per far funzionare la fotosintesi, contribuisce in misura fondamentale al mantenimento dell'equilibrio di questo gas, essenziale in giusta quantità per la sopravvivenza della vita sul pianeta. La sostanza organica prodotta ed incamerata negli organismi vegetali, sarà poi il nutrimento di tutti gli altri esseri viventi, circolando attraverso la catena alimentare. In questo senso, piante ed alberi sono gli attori del miracolo della trasformazione della non vita in vita. Da un altro punto di vista, gli alberi sono stati elemento fondamentale per lo sviluppo delle società umane, fornendo alimenti, riparo, combustibile, medicamenti, materiale di base per la realizzazione di ogni genere di oggetti. Dalla culla alla bara, il legno accompagna la vita dell'uomo, recita un vecchio detto. Infine, gli alberi sono fondamentali nel ciclo dell'acqua, nella determinazione del clima, e nella stabilità idrogeologica.
La Natura è un insieme di parti interconnesse ed interdipendenti, per cui a mio modo di vedere non ha senso gerarchizzare le parti che la compongono. Di certo, l'uomo senza gli alberi non potrebbe materialmente vivere, mentre gli alberi potrebbero benissimo fare a meno dell'uomo.



Seconda domanda

Secondo lei le campagne di sensibilizzazione sul ruolo della salvaguardia delle foreste sono sufficienti per scongiurare la loro scomparsa?

Ben vengano le campagne di sensibilizzazione, parlare di un argomento è sempre positivo. Ma occorrerebbero anche delle campagne di educazione, meglio di rieducazione: non è possibile continuare a concepire l'acqua come qualcosa che esce da un rubinetto, il fuoco come qualcosa che si genera girando una manopola, e pensare che le verdure crescano sui banchi dei supermercati, dentro un guscio di polistirolo e plastica. Quello che voglio dire è che dovremmo cercare di recuperare un rapporto più vero e diretto con la Natura, come peraltro l'uomo ha avuto per gran parte della sua storia, e rivalutarne l'importanza e la bellezza. Solo così si genera il rispetto e l'amore per la natura e per gli alberi, che agisce direttamente nelle azioni di comportamento individuale, e che funziona come aggregazione e movente delle azioni collettive di salvaguardia.
Su un piano meno ideale e più pragmatico, sarebbe necessario intervenire alle radici del problema, eliminando le cause della deforestazione. Le quali, pur in un variegato panorama di manifestazioni, si riducono all'avidità, all'ignoranza ed alla noncuranza dell'uomo, al bieco interesse economico che contrappone gli interessi di pochi, in una perfetta ottica capitalista di sfruttamento, ai diritti di tutti.
La capacità creativa della mente umana è qualcosa che mi ha sempre impressionato ed affascinato. Credo che la tecnologia abbia grandi possibilità di risolvere efficacemente parte dei problemi ambientali che affliggono il pianeta. Se sia però in grado di risolvere completamente il problema ambientale questo nessuno è in grado di prevederlo. Così come non è prevedibile quanta capacità di adeguamento abbia la tecnologia nei confronti dell'aumento esponenziale delle criticità ambientali. Nessuno ha neppure, grazie al cielo, provate certezze sul tanto paventato punto di non ritorno.




Terza domanda


L'unione europea ricicla circa il 70% della carta utilizzata, in più l'industria cartaria promuove la salvaguardia delle foreste: per ogni albero tagliato ne vengono piantati tre, cosicché le foreste presenti in Europa sono il 30% in più rispetto agli anni 50. Secondo lei quindi il tema del disboscamento e ancora una minaccia per il nostro pianeta? E se sì, dove sono i luoghi in cui si disboscate senza politiche di pianificazione?

Il dato è esatto per quanto riguarda non solo l'Europa, ma anche il continente Nord americano e la Cina. Mentre in Cina l'incremento delle superfici forestali è dovuto ad enormi campagne di rimboschimento, che hanno interessato milioni di ettari, nel resto del mondo occidentale abbiamo assistito ad una espansione delle foreste, prevalentemente a causa della ricolonizzazione delle estese aree agricole abbandonate. Purtroppo a questo importante dato, fa riscontro una situazione ben diversa a livello planetario. Ogni anno, sono i dati della FAO, sulla terra viene persa una superficie di foreste pari a 50.000 km², soprattutto foreste equatoriali e sub tropicali (Amazzonia, Indonesia Africa equatoriale), che sono le più ricche in biodiversità, le più importanti ai fini della produzione di ossigeno e di mantenimento del clima, e che insieme agli oceani ed alla atmosfera costituiscono i più grandi serbatoi di anidride carbonica del pianeta. E vorrei al proposito ricordare anche l'odissea di tante tribù, amazzoniche ma non solo, sradicate dalle foreste distrutte senza alcun criterio e rispetto. Con la deforestazione, stiamo perdendo una quantità spaventosa non solo di specie animali e vegetali, ma anche di culture antiche, da cui credo avremmo molto da imparare.

Quarta domanda

Secondo lei sarebbe possibile andare avanti nel progresso, limitando i danni al nostro pianeta? Ovvero: pensa che sia possibile generare un'innovazione che sia una nuova sintesi con la natura?

Tra i tanti possibili modelli di sviluppo, ne abbiamo scelto uno che si sta dimostrando insostenibile sia da un punto di vista sociale che ambientale. Non possiamo pensare che un sistema fondato sul consumo infinito, in cui un individuo compra per mantenere la produzione che gli da lavoro, lavoro che gli dà i soldi per comprare, sia la soluzione alla crisi economica. Assolutamente non lo è per la crisi ambientale.
A mio avviso, sarebbe necessaria un'innovazione di tipo culturale, ridisegnare la scala dei nostri valori. Da un lato non è possibile pagare senza battere ciglio € 600 per l'ultimo iphone che chi ti piega in tasca, e sbuffare indispettito quando ci vengono richiesti € 100 per un oggetto artigianale, fatto a mano con conoscenza, abilità e spesa di tempo. Dall'altro, sarebbe opportuno non dimenticarci che le cose più belle della vita sono quelle che non ci costano niente: i tramonti, le albe, i paesaggi, l'amicizia, le chiacchiere con gli amici, il tempo speso a camminare in solitudine. Solo così potremo accettare una decrescita consumistica razionale ed intelligente, che allenti la pressione sulle risorse del pianeta, e permetta il recupero della qualità ambientale.

Quinta domanda

Come sa, gli alberi non hanno un apparato neurale, ma riescono comunque a percepire alcuni stimoli, come quelli luminosi. La percezione, quindi, è il vero parametro che distingue la materia inerte da quella organica. Secondo lei, senza rischiare di cadere nel mondo dell'irrazionale, che accezione possiamo dare alla vita delle piante? Ovvero: rispetto al nostro modo di interpretare la vita, quanto sono vivi gli alberi?

Che gli alberi non siano dotati di nervi e cervello è indubbiamente un dato di fatto. Ma essi sono comunque perfettamente in grado di ricevere stimoli dall'ambiente esterno, di trasmetterli dentro i loro organismi, e di produrre delle risposte efficaci. D'altronde, sono capaci di respirare senza avere polmoni, di far circolare la linfa al proprio interno senza la presenza di una pompa quale è il cuore, di nutrirsi senza un apparato digerente. Il primo a postulare l'esistenza di una sorta si sistema nervoso nelle piante fu Charles Darwin, il padre della teoria evoluzionista, nel 1880. Questo apparato, ovviamente diverso da quello degli animali, si trovava per lui nelle radici. Agli inizi del 1900 un grande fisico bengalese, Chandra Bose (Bose fu il primo ad effettuare una trasmissione efficace di onde radio, quasi un anno prima di Guglielmo Marconi; le sue ricerche nel campo delle onde elettromagnetiche portarono tra l'altro all'invenzione dei diodi) realizzò una serie di rigorosi esperimenti in cui dimostrava come tutti gli organi di tutte le piante fossero sensibili agli stimoli, e reagissero agli stimoli stessi con reazioni del tutto uguali a quelle presentate dai tessuti animali. Noi come uomini abbiamo nei confronti delle piante una serie di preconcetti ingiustificati, siamo abituati a considerarle esseri insensibili ed inanimati, non dotati di movimento; i loro comportamenti ci sembrano semplici automatismi non mediati dalla volontà e dall’intenzione. Nei confronti delle persone, utilizziamo in senso dispregiativo la parola vegetale per definire un individuo che non manifesta alcuna reazione. Nella realtà le piante sono molto reattive, e le loro reazioni sono mediate da una sorta di intelligenza elementare. Anche la loro immobilità è solo apparente, e dovuta alla fretta congenita dell'uomo che non riesce ad apprezzarne i lentissimi movimenti. Se come dici tu la capacità di percepire fosse la barriera tra materia inerte e la materia vivente, gli alberi sarebbero assai più vivi di noi, poiché possiedono, oltre ai cinque sensi degli animali, diversi altri "sensi" in grado di percepire ad esempio la forza di gravità, i campi elettromagnetici, i gradienti di concentrazione dell'acqua e di diversi elementi nutritivi del suolo. Le piante sarebbero anche in grado di comunicare tra loro e con altri organismi, e sarebbero dotate di memoria. Ovviamente, le asserzioni precedenti necessiterebbero, per uscire dall'irrazionale, un’approfondita discussione sui background scientifici che le supportano, ma non mi sembra questa la sede. Di certo negli ultimi decenni le ricerche su questi argomenti si sono ampliate, ed è stata addirittura fondata una nuova disciplina scientifica, quella della Neurobiologia Vegetale. Si intravedono anche affascinanti prospettive di sviluppo tecnologico: poter ottenere in tempo reale dalle piante informazioni sulle loro necessità di acqua, luce e nutrimento porterebbe grande sviluppo al settore dell'agricoltura.
Io credo che la vita sia unica, che esista un principio elementare che si forgia nell'infinità delle forme viventi, siano esse batteri, piante, animali od uomini. Concludendo, risponderei proprio di sì: gli alberi sono vivi come noi e come il nostro cane; gli alberi sono ben vivi, dietro la loro apparente immobilità ed immutabilità.

La ringrazio per aver risposto in maniera così esaustiva alle mie domande. La mia speranza è che il suo sapere sia fonte d’ispirazione per i lettori del blog di Andrea Tasselli, e che il tempo speso per scrivere queste parole possa essere utilizzato dai nostri lettori per divulgare in maniera professionale il senso e l’importanza di tutte le specie vegetali.

Nessun commento:

Posta un commento