martedì 3 marzo 2015

"Perché non sperimentiamo la nostra morte?" - Un dibattito dal mondo quantistico


Nero su bianco una speculazione su scienza e filosofia. 

La morte è un dato di fatto: lo sperimentiamo ogni giorno guardando la tv, leggendo il giornale o, nei giorni più sfortunati, apprendendo della scomparsa di un nostro caro. La morte dunque fa parte di questo mondo. Esiste nella nostra mente come una proiezione assiomatica dell'esperienza che viviamo. 

Ma qualcuno di noi ha realmente sperimentato la morte? 

Se stai leggendo questa frase probabilmente sarai ancora vivo e quindi non potrai avere la certezza assoluta che la tua morte sia una componete essenziale della tua esistenza. Non è una questione metafisica o filosofica, ma prettamente scientifica. 

La scienza, infatti, si basa sul metodo scientifico: osservazione, intuizione, esperimento, risultato. Se anche un solo esperimento si farà contrario all’intuizione, allora quest’ultima sarà errata. Nel caso della morte, però, il metodo empirico è sicuramente di gran lunga approvato, ma non tiene di conto di una più ampia interpretazione della realtà. 

Osservare le persone morire, infatti, è perfettamente coerente con questa tesi. Poiché l’unica morte a non essere osservata è proprio quella personale. Quanto descritto di seguito, dunque, si riferisce solo al punto di vista dell’osservatore oggetto dell’esperimento (ovvero sé stessi). 

Esperimento mentale: 

Poniti come osservatore al posto del gatto di Schrodinger (se non conosci questo tipo di esperimento, leggi qui). Mentre al posto della fiala di cianuro immagina una pistola puntata verso di te. 
Ora, se la giusta interpretazione della meccanica quantistica fosse quella dei molti mondi (per saperne di più leggi qui), le probabilità di morte o vita prenderebbero forma entrambe. Cosicché ogni volta che la pistola esplode il proprio colpo, non avresti coscienza di quel mondo, mentre il tuo percorso di vita continuerebbe solo nel mondo in cui sei ancora vivo. In questo caso tu potresti sperimentare soltanto il mondo in cui la tua coscienza continua ad esistere, poiché dell'altro non ne avresti consapevolezza. Cosicché la strada che saresti destinato a percorrere nella tua esistenza, è esattamente quella delle migliori probabilità di sopravvivenza. 

Ora, ipotizzando che l'esperimento sia perpetuo, allora potresti vivere tutte le possibili interazioni favorevoli, ma solo finché il tuo corpo non raggiungerà un punto in cui l'entropia sarà massima: in quel momento, infatti, la morte sarebbe inevitabile

Così come il principio di minima azione afferma che ogni cosa in natura segue la strada più breve e più semplice, così l’unica strada seguita dall’essere umano è quella della sopravvivenza fino a morte entropica. 



Ma allora perché vediamo le persone morire prima della fine entropica?

La questione dell’esperienza della morte delle altre persone, si risolve nel modo seguente.
Nel personale percorso di vita, la strada percorsa dalla propria coscienza è quella con più probabilità di sopravvivenza. Il congiungersi degli eventi determinati dalle infinite probabilità, e degli infiniti mondi, fa sì che ognuno di noi sperimenti più volte la morte della altre persone. Ciò, però, non significa che le altre persone siano morte nel loro percorso di vita. Come precedentemente affermato, infatti, la strada della coscienza personale percorre sempre la via della vita.

Paradossalmente, dunque, se quanto detto fosse vero, allora l’unico modo per morire sarebbe la degradazione entropica: ognuno di noi, pertanto, morirebbe solo alla fine della propria esistenza. 

Che quanto detto sia una speculazione, non ci sono dubbi. Che sia perfettamente coerente con le attuali conoscenze scientifiche, lo è altrettanto. 

Ma un vero fiducista, potrebbe persino compiere un ulteriore passo in avanti: la teoria è coerente con le mie ipotesi, io sono la struttura autocosciente e analizzo il tutto tramite la mia struttura mentale, pertanto la mia verità è in ME assoluta. 



________________________



Ti prego di condividere e commentare l’articolo. In questo modo potremo creare una vera discussione sull’argomento, per evitare che la mia verità sia l’unica esposta: gli altri punti di vista sono la mia vera fonte d’ispirazione. 



Un libro consigliato come introduzione alla meccanica quantistica di Robert Gilmore


4 commenti:

  1. Questo è il mio piccolo contributo al tema del tuo post che riguarda la "morte".
    Potrai interpretarlo come ritieni opportuno, ma sappi che si tratta di pura verità. Purtroppo non credo che tu possa sperimentarne l'autenticità in un laboratorio. Almeno per ora. :-)
    http://sottilifrequenze.blogspot.it/2014/12/accadde-un-giorno-qualunque.html

    RispondiElimina
  2. Come prima cosa ti ringrazio per il commento.
    Ho dato un'occhiata al tuo articolo, e l'ho trovato molto interessante. Hai ragione, non si può sperimentare in laboratorio una simile ipotesi. Ma ricordo sempre molto volentieri una battuta ripetuta molto spesso in ambiti scientifici: non si può dire con certezza che non ci sia una mela in gravitazione tra Marte e Giove, ma ciò non è nemmeno sufficiente a provarne l'esistenza.
    Quello che voglio dire, è che nonostante rispetti il tuo pensiero, non penso che si possa parlare di "pura verità". In fondo, anche nella scienza stessa non esiste la verità assoluta, e l'indeterminazione quantistica ne è una prova.
    Spero che tu possa commentare nuovi articoli in futuro: è sempre costruttivo controbattere in maniera rispettosa, con persone che hanno altri punti di vista.

    RispondiElimina
  3. Ciao, ho sempre pensato che la teoria dell'immortalità soggettiva sia l'unica vera risposta razionale alle domande esistenziali riguardo la morte, anche se per molto tempo ho creduto che questa teoria non avesse un nome, inoltre non pensavo che fosse legata alla meccanica quantistica.
    L'unico punto che ancora mi lascia perplesso è la situazione finale in cui non esistono più "mondi" in cui si rimane soggetivamente vivi. Ovvero il momento della morte a tutti gli effetti che nel tuo testo viene descritta come morte entropica (momento di massima entropia).
    Ecco, mi farebbe piacere avere il tuo punto di vista a riguardo in modo un minimo piu chiaro, perchè come ho già detto, questo è l'unico punto che mi lascia delle perplessità (in quanto io faccio fatica a credere che una coscienza capace di ragionare possa semplicemente cessare di esistere, ma queste sono solo interpretazioni personali).
    In altre parole la mia domanda è, come interpretiti la morte entropica?(sempre da un punto di vista soggettivo). Semplicemente come morte per vecchiaia? La fine del tempo (una sorta di limbo)? O pensi che non ci sia una risposta?
    Ciao e grazie per il tuo tempo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perdona il mio ritardo, ma a colte i doveri e le necessità scavalcano le passioni e i desideri.

      Io sono una persona estremamente razionale. Forse perché sono cresciuto in una famiglia di stampo ultra-cattolico, o forse perché la mia mente è troppo semplice per comprendere in maniera complessa il senso di certe emozioni. Quindi a primo acchito ti direi che fondamentalmente non mi pongo in maniera “sensoriale” il problema della cessazione della conoscenza. Anche perché se ci pensi bene, ogni volta che andiamo a dormire in qualche modo cessiamo di percepire la realtà. Ovviamente non completamente, ma almeno dal punto di vista di coscienza razionale.

      Più che altro ne sono profondamente dispiaciuto. Ho sempre amato tantissimo la vita. Ci sono volte in cui vorrei esplodere di felicità, e mi capita persino di avere malinconia di alcuni eventi dolorosi. Quindi l’idea di arrivare ad una fine della mia esistenza, se non altro mi fa annoiare profondamente.

      Poi ci sarebbero mille cose da dire. Soprattutto quando incontro persone come te: persone che riescono a porsi delle domande, e ad avere sete di risposte. Ma poche righe non sono certo sufficienti per avere un confronto quantomeno importante.

      Quello che posso dire in definitiva, è che mi sono accorto che nella vita capita di rinunciare a cose bellissime. E per quanto banale possa sembrare esistono poche cose in grado di renderci davvero felici. Quindi che esistano multi mondi o no, in ogni esistenza avremo compiuto scelte differenti e rinunciato a qualcosa. Quello che conta, dal mio punto di vista, non è quello che sentiremo al momento della morte entropica, ma come ci arriveremo.

      A seconda delle scelte che avremo fatto, saremo più o meno fieri della nostra vita. E quando chiuderemo gli occhi per l’ultima volta, sarà come scoprire il confine tra l’essere e il non essere. Un qualcosa che non dovrebbe preoccupare chi esiste, poiché quest’ultima è una prerogativa della vita.

      In fondo se ci pensi bene, la morte (che sia entropica oppure no), non è uno step di passaggio. Potremo pensare che sia come il giorno e la notte, prima passiamo per l’uno fino ad arrivare nell’altro. Ma la morte non è l’opposto della vita, ma piuttosto l’opposto della nascita. Quindi la vita non ha un proseguimento. Siamo vivi e basta.

      Un caro saluto.

      Elimina